Palermo è HUB della ricerca nazionale sulla biodiversità. A un anno dalla sua costituzione, il National Biodiversity Future Center presenta il primo rapporto sullo stato della biodiversità in Italia durante il forum nazionale della biodiversità, tre intense giornate di convegni nel capoluogo siciliano. Si tratta di un progetto italiano che vede università, centri di ricerca, associazioni e altri attori uniti nella conservazione, ripristino e valorizzazione della biodiversità. Questa ampia rete composta da oltre 1500 ricercatrici e ricercatori ha scelto come centro di coordinamento la città di Palermo, anche in virtù del ruolo centrale che la Sicilia può svolgere nella gestione della biodiversità mediterranea. Oltre al lavoro di coordinamento, il territorio è coinvolto attivamente anche nelle attività di ricerca: l’Università di Palermo, il CNR e la Fondazione Ri.MED sono infatti partner all’interno del centro nazionale. Ri.MED ha impegnato diversi gruppi di ricerca per individuare e valorizzare sostanze naturali che possano rivelarsi utili in medicina, farmacia e nutraceutica.
Oggi, nella giornata mondiale della Biodiversità, raccontiamo le attività scientifiche bio-inspired di Ri.MED.
Un filone di ricerca si concentra sull’identificazione di molecole di origine naturale che abbiano il potenziale per diventare principi attivi farmaceutici utili a curare le infiammazioni croniche. Un bersaglio di questi potenziali farmaci è la proteina NLRP3, nota per il suo ruolo nell’innescare risposte infiammatorie. La sua inibizione è una possibile strategia per spegnere infiammazioni croniche e affrontare così alcune malattie rare generate dal malfunzionamento del sistema immunitario innato. Ri.MED ha già selezionato 2500 molecole provenienti da flora e fauna autoctona siciliana: i test di screening cellulare gestiti dalla dr.ssa Chiara Cipollina e le simulazioni al computer condotte dal gruppo di Informatica Molecolare guidato dal dr. Ugo Perricone, puntano a individuare le molecole più efficaci per inibire la proteina NLRP3. In Ri.MED la scoperta di nuovi farmaci è un lavoro sinergico: sono sei i gruppi di ricerca e che collaborano trasversalmente per riuscire ad identificare nuove molecole biologicamente attive: vengono analizzate fino a 1000 composti in una settimana fornendo un’enorme mole di dati che il gruppo di Advanced Data Analysis guidato dalla dr.ssa Claudia Coronnello trasforma in informazioni sulle molecole più promettenti. Le simulazioni al computer poi permettono di dare una base teorica ai dati sperimentali con le quali elaborare nuove idee e sostanze da testare sulle cellule: è un circolo virtuoso che, a ogni passaggio, raffina la libreria di composti e migliora il loro potenziale terapeutico. Infine, con l’occhio di chi maneggia molecole complesse, il gruppo di Chimica Medicinale della dr.ssa Maria De Rosa modificherà queste sostanze in modo da renderle più semplici e allo stesso tempo più potenti e quindi più appetibili anche per l’industria che vuole mettere sul mercato nuovi farmaci.
La conservazione della biodiversità ha ricadute positive anche in campo oncologico. Le masse tumorali possono acquisire resistenza ai chemioterapici o alla radioterapia a causa di meccanismi biochimici che bloccano i farmaci prima che possano entrare in azione: i composti sensibilizzanti indeboliscono questi scudi migliorando l’efficacia della terapia antitumorale. Alcune sostanze di origine naturale, come il resveratrolo, hanno proprio capacità sensibilizzanti e il gruppo di ricerca coordinato dal dr. Albert Comelli, in collaborazione con il CNR, sta studiando queste caratteristiche con tecniche di bioimaging che producono immagini tridimensionali di cellule e tessuti: un cambiamento di forma causato dal contatto con le sostanze di interesse è indicativo di una possibile sensibilizzazione. La comprensione dei meccanismi di interazione tra composti naturali e cellule è fondamentale per mettere a punto strategie che facilitino l’ingresso di tutte le sostanze nei tessuti malati e quindi ne enfatizzino gli effetti terapeutici. Se aggiungiamo che molti di questi composti sono estraibili da scarti alimentari, le ricerche appena descritte hanno anche il potenziale di difendere la biodiversità dando nuovo valore a materia che, allo stato dell’arte, è destinata alla discarica e quindi a impattare sull’ambiente. L’unicità di questi prodotti di origine naturale evidenzia la necessità di difendere la biodiversità nell’ottica di non perdere un patrimonio di sostanze biologicamente attive utili al miglioramento della salute umana.
Il gruppo Ri.MED di Proteomica guidato dal dr. Simone Scilabra sta inoltre studiando le caratteristiche nutraceutiche del miele dell’ape nera sicula (Apis mellifera ssp. sicula), alimento che dal 2012 è presidio slowfood. Questa particolare specie di ape è a rischio di estinzione a causa dell’importazione di altre api dal nord Italia iniziata negli anni ’70: il mescolamento tra le varie sottospecie sta portando alla graduale perdita del patrimonio genetico unico dell’ape siciliana e, di conseguenza, del miele da essa prodotto. Gli studi del dr Scilabra sono rivolti a indagare proprio questa unicità: allevando la comune ape italiana e l’ape sicula nella stessa area geografica, è possibile analizzare la composizione chimica dei loro mieli escludendo i contributi ambientali dovuti, per esempio, ai fiori con cui gli insetti vengono a contatto. Il gruppo di ricerca ha analizzato i 2 mieli con gli spettrometri di massa trovando alcune sostanze di interesse nutraceutico: il composto che è più saltato all’occhio dei ricercatori è il metilsiringato, una molecola nota per le sue attività antiossidante e antimicrobica, di cui il miele da ape sicula è particolarmente ricco. Le stesse analisi hanno anche individuato quattro proteine la cui concentrazione permette di discriminare la regione in cui le api sono state allevate. Tutte queste differenze potrebbero spiegare le particolari proprietà nutraceutiche del miele da ape sicula e soprattutto si riveleranno utili per elaborare una sua carta d’identità proteica che aiuterà a proteggere e valorizzare l’insetto e il suo dolce prodotto
Progetti Ri.MED bio-inspired
Dove la sutura non arriva, arrivano i bio-adesivi.
“Attaccato come una cozza” non è un semplice modo di dire; è una realtà dei fatti che ha ispirato la ricerca della dr.ssa Caterina Alfano. Esistono situazioni in cui è impossibile suturare una ferita o in cui è necessario far aderire un dispositivo medico a un tessuto: una colla come quella della cozza sarebbe una risposta di alta qualità a queste esigenze. La colla che permette alle cozze di aderire così tenacemente agli scogli è una miscela di proteine con proprietà di grande interesse medico: funzionano in ambiente acquoso, non innescano il sistema immunitario, sono biodegradabili e non tossiche per l’essere umano. Lo studio dettagliato della loro struttura è fondamentale per comprendere come essa è correlata alle loro proprietà e quindi prendere spunto per la produzione di nuovi materiali ispirati alla natura. Tramite tecniche di risonanza magnetica, il gruppo di ricerca guidato dalla dr.ssa Alfano ha ottenuto una accurata rappresentazione tridimensionale di una proteina della cozza verde asiatica (Perna viridis) e ha istruito alcuni batteri a sintetizzarla aprendo così nuove strade per la produzione di adesivi di origine naturale.
A caccia di farmaci in scarti alimentari
“Del maiale non si butta via nulla” – dicevano i saggi; “Anche di luppolo e arance” – aggiungono i ricercatori di Ri.MED. Gli scarti alimentari, come le bucce e i semi della frutta, sono fonti di sostanze interessanti per la loro capacità di legarsi ad alcune proteine umane e impedire loro di svolgere la propria funzione. L’inibizione di proteine è una strategia molto comune in campo farmaceutico e permette di combattere svariate malattie: studiare la forma tridimensionale di queste proteine e dei loro inibitori è importante per mettere a punto terapie e integrazioni sempre più efficaci.
Il gruppo di ricerca guidato dal dr. Perricone basa i suoi studi sul principio della similarità molecolare, secondo cui composti simili hanno proprietà simili: se una molecola è capace di legarsi a una proteina, allora anche una sua simile ha una tendenza paragonabile. Gli strumenti computazionali usati dal gruppo di ricerca permettono di interrogare i database molecolari per scovare a quale molecola somigli il composto di interesse: da questa informazione si può poi risalire alla proteina che potrebbe interagire con la molecola di partenza. Lo studio portato avanti nell’ambito del progetto PROGEMA si è concentrato sugli scarti del luppolo e sulle bucce di arance e mandarini dove risiedono sostanze come xantumolo, nobiletina e tangerina: i ricercatori hanno identificato le proteine che potrebbero legarsi con grande forza a queste molecole. Lo xantumolo, sostanza tipica del luppolo, potrebbe avere ottima affinità per delle proteine coinvolte in tumori e risposte infiammatorie; la nobiletina, proveniente dal mandarino tangerino, potrebbe interagire con una proteina che difende le cellule da attacchi esterni. Studi successivi su cellule hanno poi dimostrato che l’utilizzo combinato di queste 2 sostanze rende il cancro colorettale più sensibile alla chemioterapia.
Questi studi chemo-informatici sono di grande utilità per identificare strategie di supporto e integrazione alle terapie già note: queste sostanze di origine naturale, con la loro affinità per alcune proteine, da sole svolgono azioni deboli ma, facendo squadra con antitumorali più potenti, possono enfatizzarne gli effetti e aumentarne quindi l’efficacia
La prospettiva ‘One health’
Biodiversità e contesto ambientale nella ricerca scientifica del nascituro Centro Ri.MED a Carini
La Sicilia è il centro geografico e storico del Mediterraneo, un luogo di connessioni e mescolanze tra persone, con un patrimonio naturalistico unico. Ha il potenziale per diventare un polo di innovazione scientifica, grazie ad una ricerca che include lo studio dell’interazione tra essere umano e ambiente, dalla nutrizione alle infezioni virali, dalla vita in prossimità del mare alle radiazioni solari. Per questo nel Centro di Ricerca Biotecnologica che la Fondazione Ri.MED sta realizzando a Carini, la ricerca abbraccerà un contesto di medicina ambientale che trascende l’approccio classico alla tossicologia o all’inquinamento e che si fonderà invece su una prospettiva integrata, quello che viene definito approccio ‘One health’ e la Sicilia è il luogo perfetto in cui trovare nuove soluzioni tra ambiente, cultura e scienza.